Con la App Marine Litter Watch l'Agenzia europea dell'ambiente (EEA) punta a coinvolgere le comunità locali ad arricchire i dati e le informazioni necessarie per supportare le azioni da mettere in campo per la prevenzione e la gestione dei rifiuti marini e per raggiungere il buono stato ecologico dei mari europei entro il 2020
I rifiuti stanno aumentando nei mari e sulle coste di tutto il mondo, plastica e detriti danneggiano la fauna marina e sono potenzialmente pericolosi per la salute umana. Questo problema è la conseguenza di vari fattori, produzione e modelli di consumo e di comportamento insostenibili, non buona gestione del ciclo dei rifiuti e, non ultimo, mancanza di consapevolezza da parte dei cittadini riguardo questa problematica.
Gli Stati membri dell'Unione europea, con l’adozione della direttiva quadro sulla Marine Strategy (MSFD), si sono impegnati a definire una serie di misure per affrontare le sfide per la tutela degli ecosistemi marini in Europa e quella sui rifiuti marini è una sfida molto impegnativa.
Al momento, non ci sono dati sufficienti per valutare correttamente il problema dei rifiuti marini. Per colmare la mancanza di dati e per coinvolgere le comunità locali nelle sfide ambientali, l'Agenzia europea dell'ambiente (EEA) ha sviluppato il Marine Litter Watch (MLW) con un approccio che combina impegno dei cittadini e tecnologia moderna.
Le comunità locali possono svolgere un ruolo importante nell’arricchire i dati e le informazioni necessarie a supportare le azioni che i vari stati potranno mettere in campo per la prevenzione e la gestione dei rifiuti marini. Per affrontare questo problema la Marine Strategy ritiene infatti necessario comprendere bene composizione, tipologia, movimento e origine della spazzatura che finisce in fondo ai nostri mari o sulle coste.
Marine Litter Watch (MLW), grazie all’utilizzo di una App, attualmente disponibile per i dispositivi Android e, a breve, anche per iPhone e iPad, può contribuire ad affrontare il problema dei rifiuti marini.
I cittadini e le comunità che si impegnano attivamente nelle attività di raccolta di informazioni e dati sul problema dei rifiuti spiaggiati, vengono a conoscenza dei problemi ambientali che affliggono l’ambiente in cui vivono e questa consapevolezza è la chiave per contribuire a sostenere cambiamenti verso pratiche e comportamenti sostenibili.
L’Agenzia europea dell’ambiente ha sviluppato MLW proprio per sostenere e supportare l’azione delle comunità interessate alle attività sui rifiuti marini. Le comunità sono definite da MLW come "gruppi organizzati di volontari, ONG, associazioni della società civile e altri tipi di gruppi informali".
Le comunità esistenti o emergenti di cittadini, ONG, associazioni, scuole o volontari che vogliono organizzare iniziative di pulizia delle spiagge potranno quindi utilizzare questa applicazione anche per coordinare l’azione dei volontari coinvolti in tali eventi.
Se una comunità non fa ancora parte della rete MLW e desiderate aderire, è sufficiente inviare una e-mail a marinelitterwatch@eea.europa.eu.
L'obiettivo di MLW è quello di potenziare le reti cittadine in tutta Europa e contribuire a migliorare la base di conoscenze necessaria per raggiungere l'obiettivo principale MSFD di buono stato ecologico dei mari europei entro il 2020.
Le comunità possono organizzare un monitoraggio o un evento di “pulizia” attraverso l'uso della App MLW; il monitoraggio deve seguire il protocollo previsto dalla direttiva sulla Marine Strategy per i rifiuti spiaggiati, perché l'obiettivo è quello di utilizzare i dati proprio a supporto della MSFD. L’app utilizza un elenco di rifiuti marini presente nella direttiva MSF che è stato armonizzato in tutta Europa.
Grazie a questa applicazione, i dati sui rifiuti che si trovano sulla spiaggia possono essere caricati direttamente sul cellulare; questi sono ad esempio alcuni dei rifiuti presenti nell’elenco che si possono trovare sulle spiagge d'Europa: oggetti di plastica, mozziconi di sigarette, bottiglie, materiali di pesca, ecc..
I dati raccolti saranno utilizzati per comprendere meglio il problema e contribuire a formulare una risposta politica, come richiesto nella direttiva europea sulla Marine Strategy.
infografica : European Environment Agency (EEA)
Ulteriori informazioni su come utilizzare MLW possono essere trovate sul sito Web dell’EEA all'indirizzo http://www.eea.europa.eu/themes/coast_sea/marine-litterwatch/how-does-it-work.
Il questionario on-line è stato reso disponibile sul sito della Strategia Marina in data 21 giugno, in concomitanza con l’invio elettronico della lettera d’invito inviata dal MATTM ad un indirizzario di circa 150 soggetti portatori d’interessi (22 giugno 2012). Sebbene la chiusura fosse prevista per il 13 luglio 2012, il questionario on-line è stato lasciato aperto per un periodo più lungo (fino al 1 ottobre 2012), da una parte per consentire agli utenti che vi si erano registrati di completarlo, dall’altra per acquisire ulteriori contributi, poiché la scadenza di trasmissione del report alla Commissione è stata successivamente prorogata al 15 ottobre 2012.
Nel suo complesso, il questionario on-line pone ha posto 72 quesiti in consultazione, suddivisi in 36 domande relative alla Valutazione iniziale e 36 domande sulla definizione del GES e dei Traguardi ambientali. Alla data del 3 ottobre, sono risultati registrati al questionario on-line 22 utenti, che hanno fornito complessivamente 27 risposte. La scarsa consistenza e rappresentatività del campione, con la mancanza di risposte per molte delle domande proposte nel questionario, non hanno consentito un’analisi statistica significativa al fine di valutare l’orientamento del pubblico rispetto alla Strategia Marina.
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La Dichiarazione di HOPE
I partecipanti alla Conferenza HOPE ( Healthy Oceans - Productive Ecosystems) – Conferenza europea per l’ambiente marino, riconoscendo che:
La dichiarazione di Rio +20, "Il futuro che vogliamo", sottolinea le principali sfide globali che attendono i nostri oceani;
Lo stato di salute degli oceani offre molti benefici ora e in futuro, fornendo una base per lo sviluppo sostenibile delle attività economiche oceaniche connesse;
Resta ancora molto da imparare sull'ambiente marino, la nostra comprensione scientifica collettiva deve aumentare ed essere ampiamente condivisa con il pubblico, per migliorare l'alfabetizzazione sull’oceano;
Mari e oceani europei sono sottoposti a una pressione significativa e devono essere salvaguardati per il loro valore intrinseco e per garantire la salute dei loro ecosistemi, che migliorano anche il benessere degli individui;
La direttiva quadro sulla strategia marina, insieme con la strategia UE per la biodiversità e alla normativa sulla natura, affronta le pressioni sull'ambiente marino e richiede un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane, al fine di raggiungere il "buono stato ambientale" dei nostri mari ed oceani entro il 2020;
Le convenzioni regionali sul mare e le altre organizzazioni internazionali svolgono un ruolo essenziale nel sostenere questo obiettivo, proteggendo così i mari e gli oceani che gli Stati membri dell'UE condividono tra loro e con paesi terzi.
È necessario chiamare tutti ad un'azione urgente per tutelare meglio l'ambiente marino europeo e in particolare: essere all’avanguardia nell'attuazione del capitolo sugli oceani della conferenza di Rio+20 attraverso i framework delle Nazioni Unite previsti per gli anni successivi al 2015, anche considerando un obiettivo di sviluppo sostenibile per gli oceani e sostenendo l'accordo di attuazione UNCLOS sulla biodiversità, al di là delle singole giurisdizioni nazionali;
Per ripristinare i nostri stock ittici a livelli adeguati è necessaria un’applicazione coerente della nuova politica comune della pesca e della direttiva quadro sulla strategia marina;
È necessario aumentare i bilanci di ricerca nazionali e dell'UE che sono dedicati allo studio degli oceani e del loro ruolo nel sostenere la vita sul pianeta;
Per arrestare la perdita di biodiversità marina e raggiungere gli obiettivi fissati dalla strategia dell'UE sulla biodiversità e per migliorare tangibilmente lo stato di conservazione degli habitat vulnerabili e delle specie marine entro il 2020, oltre che quelli previsti dalla Convenzione sulla diversità biologica, che puntano alla conservazione di almeno il 10 % delle zone costiere e marine da 2020, utilizzando l' efficace ed equa gestione di sistemi ecologicamente rappresentativi e ben collegati di aree protette, tra cui quelle previste nell'ambito della rete Natura 2000;
Limitare gli effetti del cambiamento climatico sugli oceani, in particolare l'acidificazione; fermare e invertire gli effetti di eutrofizzazione di ampie fasce di nostri mari, anche attraverso la riduzione dei nutrienti che provengono da diverse fonti, tra cui l’utilizzo di pratiche agricole non sostenibili;
Affrontare tutte le altre fonti di inquinamento marino e ridurre in particolare le crescenti quantità di rifiuti marini, anche attraverso l'attuazione di piani d'azione regionali con la fissazione di obiettivi ambiziosi;
Garantire lo sviluppo sostenibile delle attività economiche che interessano l'ambiente marino sia in mare che a terra, con l’assunzione da parte del settore privato delle necessarie responsabilità;
Eliminare gradualmente le sovvenzioni dannose per l'ambiente;
Creare un quadro comune per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere ;
Coinvolgere il pubblico nella protezione dell'oceano e comunicare meglio i nostri obiettivi.
Viene sottolineata la necessità di lavorare a più stretto contatto per proteggere l'ambiente marino, raggiungere un maggiore coordinamento e un miglior rapporto costo-efficacia all'interno delle singole regioni marine e tra di esse per migliorare la governance dei mari, in particolare attraverso le convenzioni marittime regionali e l'effettiva attuazione della direttiva quadro sulla strategia marina e della pertinente legislazione ambientale dell'UE .
È urgente che i leader politici trasformino le parole in azioni e incoraggino tutte le parti interessate, compreso il settore privato, ad adottare le misure necessarie per fornire un "buono stato ambientale" ai mari e gli oceani d'Europa entro il 2020.
4 Marzo 2014 , Bruxelles
Commission Staff Working Document SWD(2014) 49 final, Annex accompanying the document COM(2014) 97 final
1. IL METODO DI VALUTAZIONE UTILIZZATO
Ai sensi degli articoli 9 (2) e 10 (2), gli Stati membri erano tenuti a inviare notifiche alla Commissione europea (d’ora in poi, la Commissione) entro tre mesi dal completamento degli elementi di cui agli articoli 8, 9 e 10, vale a dire entro il 15 ottobre 2012. Al fine di consentire un'analisi più sistematica e comparabile delle relazioni degli Stati membri, la Commissione ha sviluppato e concordato in via informale con gli Stati membri una serie di reporting sheets, che costituiscono nel loro insieme un sistema di reportistica molto complesso, senza pari nell’ambito delle politiche ambientali comunitarie A causa di difficoltà tecniche, questi strumenti di reporting sono stati resi disponibili dalla Commissione solo nel luglio 2012. Alla data del 15 ottobre solo una parte degli Stati membri era stata in grado di completare l’esercizio di reporting, altri Stati membri li avevano compilati solo parzialmente o non avevano effettuato l’invio. Nel febbraio del 2013 la Commissione ha portato a termine una prima verifica dei contenuti sulla base della loro completezza e ha comunicato la data del 30 aprile 2013 quale termine ultimo per l’invio dei reporting sheets nella loro stesura finale. La verifica tecnica dettagliata e la valutazione dei report inviati dagli Stati membri è stata effettuata da dei consulenti esterni, che hanno così fornito le informazioni di base alla Commissione per la redazione della relazione finale. La valutazione tecnica, oltre ad una prima fase relativa alla completezza, è stata realizzata con una seconda fase caratterizzata da tre ulteriori aspetti relativi a un’analisi di adeguatezza, concordanza e coerenza dei contenuti.
La prima fase, come si è detto, è stata quella della valutazione della completezza dei report. Ciò ha comportato la verifica di tutte le informazioni richieste all’interno dei report. Questa prima valutazione ha permesso l'individuazione di eventuali lacune, ad esempio informazioni mancanti sul Buono stato ambientale (GES) di qualche descrittore o su elementi chiave della valutazione iniziale.
Nella seconda fase, i report sono stati oggetto di una valutazione tecnica rispetto al loro contenuto per verificarne l’adeguatezza (cioè valutare se le informazioni riportate incontravano gli obiettivi della Direttiva e le prescrizioni tecniche di cui agli articoli 8, 9 e 10); la concordanza (cioè la valutazione dei report in relazione al nesso logico tra la valutazione iniziale, come punto di partenza, la definizione di GES, come obiettivo finale, e i traguardi ambientali, intesi come l’impegno necessario per raggiungere l’obiettivo,iniziando dal punto di partenza) e la loro coerenza (cioè valutare le relazioni tra i report dei vari Stati membri, in primo luogo all'interno della stessa regione marina o sub-regione e in secondo luogo tra le regioni marine dell’UE.
More than 100 marine and maritime researchers, policy/advisors, data experts and other stakeholders attended the inauguration which highlighted the importance of providing unrestricted access to marine observation data to generate critical knowledge about the seas and oceans, better manage our marine environment and support the development of a 'blue economy'.
The event marked the installation of the established EMODnet Secretariat and the onset of the second phase of EMODnet as a network of more than 120 organisations aiming to provide open access to marine data to a wide range of users including private bodies, public authorities and researchers. After years of preparatory phase, EMODnet now provides Europe with an instrument to support the marine data and information needs of initiatives such as the Integrated Maritime Policy (2007), the European Marine and Maritime Research Strategy (2008), the Marine Strategy Framework Directive (2008) and the communication on Marine Knowledge 2020. New additions in this second phase include the establishment of EMODnet sea-basin checkpoints to analyse the observational capacities of Member States at the basin level and the newly developed EMODnet central portal (www.emodnet.eu) providing access to data, metadata en data products deriving from seven discipline-based gateways (bathymetry, geology, physics, chemistry, biology, seabed habitats and human activities).
The grand opening welcomed interventions from honoured guests representing the Flemish Government, the European Commission, the International Hydrographic Organization (IHO), UNESCO’s Intergovernmental Oceanographic Commission (IOC) and the European Marine Board.
According to Lowri Evans, Director-General of DG Maritime Affairs fisheries (DG-Mare) of the European Commission, 'this initiative [EMODnet], that is recovering the collected data and information as much as possible and is making them readily available, is groundbreaking. It is a fine example of how the whole is more than the sum of the (former) parts. It is an essential step towards a 'blue growth' - in Flanders/Belgium as well as broadly on the old continent -, all starting from observations of Europe's seas and coasts'.
The endeavours of the European Commission to establish and develop EMODnet as the gateway to marine data in Europe can count on the support of major data provider and user communities, as was reflected in the speech from Gilles Bessero, Director at the International Hydrographic Organization (IHO), who underlined that ‘EMODnet has the full support of the hydrographic community as embodied by the IHO and its membership of eighty-two maritime States’.
The international dimension of marine data acquisition, processing and management was highlighted by Dr.Wendy Watson-Wright, Executive Secretary of the Intergovernmental Oceanographic Commission and Assistant Director-General of UNESCO: ‘the sustainable exploitation of our oceans is a global challenge that can’t be restricted by borders. The continued building and operating of global observation systems will be essential to monitor these challenges, among them climate change, in order to develop adaptive measures beneficial for the global population.'
The Flemish Government, through the Flanders Marine Institute (VLIZ), supports EMODnet by hosting its secretariat and by offering technical and scientific support to construct and operate the central portal and to develop user services to facilitate and increase access and usage of the portal.
‘It is an important day for Flanders’ stated Dirk Van Melkebeke, Secretary-General of the Department Economy, Science and Innovation of the Flemish Government. ‘We are happy and honoured that the European Commission accepted the offer of the Government of Flanders to host and support this prestigious office in Ostend and to boost, via an integrated knowledge base, the maritime economy in this and other European regions. It also confirms the intention of the Flemish Government to embed regionally the core activities of VLIZ.'
Image: from left to right: Iain Shepherd (DG MARE), Phil Weaver (EMODnet Secretariat), Lowry Evans (DG MARE), Dick Schaap (EMODnet Bathymetry), Alan Stevenson (EMODnet Geology), Liesbeth Renders (EMODnet Secretariat), Dirk Van Melkebeke (EWI), Jacques Populus (EMODnet Seabed habitats), Rudy Herman (EWI), Antonio Novellino (EMODnet Physics), Alessandra Giorgetti (EMODnet Chemistry), Jan-Bart Calewaert (EMODnet Secretariat), Simon Claus (EMODnet Biology), Vicky Gunn (EMODnet Secretariat), Alessandro Pittito (EMODnet Human Activities).
]]>Notizia da Greenreport - Un nuovo rapporto, “The first phase of implementation of the Marine Strategy Framework Directive”, fa il punto dello stato inquietante dei mari e degli oceani in ottica europea. L’analisi della Commissione Ue verrà presentata alla conferenza Healthy Oceans – Productive Ecosystems (Hope) che si terrà a Bruxelles il 3 e 4 marzo ed evidenzia che «Sono necessari degli sforzi urgenti perché l’ambiente marino ritrovi uno stato soddisfacente entro il 2020». Circa due quinti della popolazione dell’Unione europea, 206 milioni di persone, vive in un’area costiera e 23 su 28 Stati membri hanno una uno sbocco al mare.
Il rapporto è stato redatto 6 anni dopo l’adozione della direttiva quadro “Strategia per l’ambiente marino” che punta a fare in modo che le acque marine dell’Ue raggiungano entro il 2020 lo status di buon sto ecologico, così come a proteggere le risorse fondamentali dalle quali dipendono le attività socio-economiche legate al mare ed all’oceano. La direttiva ha adottato un approccio fondato sugli ecosistemi per la gestione dell’insieme delle attività umane che hanno un impatto sull’ambiente marino, integrando i concetti di protezione dell’ambiente e del suo utilizzo sostenibile.
In base a questa Direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad elaborare delle strategie per le loro acque marine per giungere ad buono stato ecologico. Queste strategie devono essere aggiornate e riviste ogni 6 anni.
Presentando il rapporto il commissario Ue all’Ambiente, Janez Potočnik, ha detto che «Il messaggio è chiaro: i mari e gli oceani europei si trovano in uno stato preoccupante. D’altronde sono indispensabili per noi e dobbiamo pervenire ad un equilibrio. Per far questo dovremo trovare dei modi di trarre pienamente beneficio dal loro potenziale economico, senza accrescere la pressione che pesa su quest’ambiente già fragile, creando la crescita di posti di lavoro stabili a lungo termine».
Le rapporto, accompagnato dai “Marine messages” della European Environment Agency (Eaa), offre la premiava visuale d’insieme mai realizzata sullo stato dei mari e degli oceani dell’Ue.
Gli tati membri hanno presentato rapporti sulla situazione delle loro acque marine, su quello che considerano come un “buon stato ecologico” così come sugli obiettivi che si sono dati per raggiungere questo stato. I dati del rapporto sono accompagnati da raccomandazioni per le 4 regioni marine dell’Ue e per gli Stati membri che si affacciano sui mari e sull’Oceano Atlantico.
Il rapporto sottolinea che «Grazie ai rapporti completi degli Stati membri oggi ne sappiamo molto di più sui mari e gli oceani, sui problemi che pongono e sulle possibili soluzioni; La maggior parte degli indicatori sono in rosso, si constata, per esempio, che l’88% degli stocks alieutici sono minacciati nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero. Tuttavia, le attività di cattura diventano più sostenibili, anche se il miglioramento è lento; L’Ue dovrà consentire degli sforzi supplementari se vuole raggiungere l’obiettivo che si è fissata di disporre di mari ed oceani produttivi nel 2020; La mancanza di coordinamento tra gli tati membri costituisce un freno al miglioramento della situazione: una cooperazione rafforzata permetterebbe in effetti di pervenire ad un buon stato ecologico più facilmente ed a meno costi».
I “Marine messages” dell’Eaa sottolineano che «Molti degli habitat, ecosistemi e specie marine europei sono stati minacciati per decenni». Dato che per i prossimi anni si prevede un aumento delle attività economiche marittime, la pubblicazione dell’Eaa “Marine messages” evidenzia che molte industrie europee, compresi i trasporti, la pesca, l’energia offshore e il turismo, hanno crescenti impatti cumulativi sul mare, quindi, per la loro natura vulnerabile, gli ecosistemi marini europei possono essere danneggiati in modo irreversibile se continueranno ad essere sfruttati oltre i limiti sostenibili. «I Paesi europei devono essere meglio informati per aiutarli a capire la natura di questi limiti».
Il direttore esecutivo dell’European Environment Agency, Hans Bruyninckx, ricorda a tutti che «La ricca vita dei mari europei è un incredibile asset. Ma dobbiamo fare in modo che questa risorsa sia utilizzata in modo sostenibile, senza superare i limiti di quel che gli ecosistemi possono fornire. Il modo attuale con cui utilizziamo il mare rischia di degradare irreversibilmente molti di questi ecosistemi».
I “Marine messages” Eaa non fanno sconti: «Gli ecosistemi marini sono in un pessimo stato di salute in molti settori. Nei mari europei ci sono più di 36.000 specie note di animali e vegetali. Le ricerche sulle specie hanno scoperto che il “buono stato ecologico” può essere applicato a meno di un quinto delle specie e ad una proporzione simile di habitat».
I diversi mari affrontano problemi diversi: nel Baltico e nel Mar Nero l’eutrofizzazione sta formando “zone morte” prive di ossigeno, mentre la pesca a strascico è più distruttivo nei fondali nel Mare del Nord. Il nostro Mediterraneo è sotto pressione per una serie di fattori, molti dei quali legati alla pesca e al turismo.
Negli ultimi 25 anni, le temperature superficiali del mare sono aumentate circa 10 volte più velocemente che in altri periodi simili durante il secolo precedente o oltre. «Questi cambiamenti climatici stanno spingendo molti organismi a nord – si legge nel rapporto – per esempio alcuni tipi di plancton sembrano essersi spostati di 1.100 km».
Ma le note informative dell’Eaa avvertono che la cattiva salute dei nostri mari non dipende da un singolo problema, ma dall’effetto cumulativo delle diverse pressioni, che è più importante, e molte di queste pressioni sono collegate: «Ad esempio, le temperature più elevate aumentano anche la carenza di ossigeno, che interessa la vita marina, aumentando al contempo i livelli di CO2 nell’atmosfera che acidificano gli oceani, rendendo difficile la formazione delle conchiglie da parte di alcuni animali. Insieme, questi cambiamenti possono perturbare interi ecosistemi».
Ma ci sono anche alcuni segnali incoraggianti: «Ad esempio – dice la pubblicazione – i dati disponibili mostrano che alcuni stock ittici sono risaliti ai limiti biologici di sicurezza, e il carico di nutrienti è stato ridotto nel Baltico e nel Nord Est Atlantico. L’Europa sta compiendo progressi nell’istituzione di una rete di Aree marine protette, che attualmente coprono il 6% dei mari europei».
Ma per fare in modo che sia davvero visibile un reale miglioramento nel nostro ambiente marino, i “Marine messages” raccomandano un duplice approccio: «Primo, gli Stati membri devono attuare la Direttiva Marine Strategy in maniera più omogenea e coerente, che permetta di avanzare verso un buono stato ambientale, da monitorare in tutte le regioni. Secondo, guardando al lungo periodo, ridurre le pressioni ambientali richiederà di indirizzare le nostre economie ei nostri valori verso modi più sostenibili di vivere, produrre e consumare. Tale transizione è un obiettivo ambizioso, ma è necessaria per adempiere la visione di “vivere bene entro i limiti del nostro pianeta” contenuta nel 7° programma di azione ambientale che definisce le priorità della politica ambientale dell’Europa».
]]>Sostenibilità è la parola d’ordine a cui fare riferimento: gli ecosistemi marini sono minacciati da anni da attività che potrebbero crescere ancora nei prossimi anni. Una crescita ulteriore senza una gestione corretta potrebbe condurre al danneggiamento irreversibile di alcuni ecosistemi, lo riferisce l’Agenzia Europea per l’Ambiente.
Secondo l’AEA la pesca, il trasporto, l’eolico offshore e il turismo possono diventare delle minacce se non condotti ad una livello sostenibile per gli ecosistemi marini. Dovrebbero essere i paesi stessi a definire e comunicare i limiti di queste attività.
Hans Bruyninckx , direttore esecutivo dell’AEA , ha dichiarato: “La ricca vita dei mari europei è un bene incredibile. Ma dobbiamo fare in modo che questa risorsa sia utilizzata in modo sostenibile, senza superare i limiti di ciò che gli ecosistemi possono fornire. Il modo attuale in cui usiamo il mare rischia di degradare irreversibilmente molti di questi ecosistemi. “
Circa due quinti della popolazione -206.000 mila abitanti dell’UE – vivono in una zona costiera e 23 su 28 Stati membri hanno una zona costiera. Secondo l’analisi della Commissione europea gli Stati membri devono compiere sforzi urgenti e migliorare la cooperazione per l’ambiente marino per raggiungere un buono stato entro il 2020, un obiettivo nell’ambito della direttiva quadro sulla strategia marina (MSFD) di cui si parlerà nella HOPE marine conference che si terrà il 3 e 4 marzo.
E’ certo, dai dati che rilascia l’AEA, che gli ecosistemi marini versano in gravi situazioni. Generalmente lo stato di salute è definito pessimo, delle 36 000 specie animali e vegetali note dei mari europei solo meno di un quinto possono essere definite in un ’buono stato ecologico’ e la stessa cosa vale per gli habitat.
Non tutti i mari soffrono degli stessi problemi: se il Mar Baltico e il Mare Nero stanno sviluppando zone morte, i mari del nord soffrono la pressione della pesca a strascico e il Mar Mediterraneo è minacciato da pesca intensivo e turismo.
Inoltre i cambiamenti climatici stanno influendo pesantemente sulla dislocazione degli animali alle diverse latitudini: con il riscaldamento delle acque gli esseri viventi si spostano verso nord. I singoli problemi, si spiega poi nel rapporto, devono essere presi in considerazione nella loro complessità. E non bisogna dimenticare i segnali positivi: l’aumento delle aree protette, l’incremento di alcuni stock ittici, e il decremento del carico dei nutrienti nel Mar Baltico.
Per aver dei risultati davvero positivi sul lungo periodo, spiegano dall’AEA, è il nostro modo di vivere che deve diventare più sostenibile. E’ un obiettivo ambizioso, ma è fra le priorità delle politiche ambientali europee.
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Per arrivare al "buono stato ambientale" ogni Stato europeo deve elaborare una strategia marina che preveda una fase di preparazione e di valutazione iniziale, la definizione del buono stato ambientale, l'individuazione di traguardi ambientali e l'istituzione di programmi di monitoraggio e una fase di programma di misure. In questa prima fase il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha redatto dei protocolli di intesa con le Regioni per l'effettuazione di alcune attività di indagine su tematiche che necessitino di approfondimenti scientifici, come la rilevazione sui rifiuti marini spiaggiati di cui in Veneto si è occupata Arpav per conto della Regione.
Arpav ha effettuato due campagne di monitoraggio, una nella primavera del 2013 e una tra dicembre 2013 e gennaio 2014, su quattro aree costiere, corrispondenti a 160 km. e appartenenti ad altrettante tipologie: area urbanizzata, area vicina a foce fluviale, area portuale, area remota. In ogni area sono state individuate due
unità di campionamento: la prima pari a 100 metri di lunghezza dove sono stati ricercati tutti i rifiuti visibili presenti sull'arenile, la seconda di lunghezza di 1 chilometro dove sono stati ricercati i rifiuti visibili di dimensioni maggiori a 50 centimetri.
Sono stati rinvenuti dai 200 a 1300 rifiuti ogni cento metri di costa; per la maggior parte si tratta di plastica e polistirolo, dai tappi di bottiglia ai pneumatici. ''Un impatto considerevole per il nostro mare che ci indica quanto ancora ci sia da lavorare sul piano dell'informazione ambientale ai cittadini'', commenta Carlo Emanuele Pepe, Direttore Generale Arpav. Il rilevamento dei rifiuti spiaggiati
da quest'anno fa parte dei programmi nazionali di monitoraggio dell'ambiente marino.